Sono tra i cani più maltrattati al mondo, tra corse e battute di caccia. Ma a Modena c'è un associazione che trova per loro delle vere famiglie
Ogni tanto, quando è in giro per Modena con uno dei suoi cinque cani, Elisa Manna si sente dire: "S'l'è mégher, s'l'è bròt", come è magro, come è brutto. Perché, racconta, il levriero piace o non piace. Per lei c'è stata "una scintilla" quando, una quindicina di anni fa, ha incontrato la sua Maya. Aveva appena comprato casa con il suo compagno, "e, prima ancora dei mobili, volevamo prendere un cane. Siamo andati al canile, e ho visto lei, una sfinge rossa che mi guardava in mezzo a tutta la "cagnara". Doveva venire per forza a casa con me".
Era una greyhound di cinque anni, arrivata dal cinodromo di Roma, dove i levrieri correvano fino a che non si facevano male e venivano dati in adozione. È così che Elisa ha contratto così la "levrierite": "È un animale molto mite, tranquillo, riservato, ha un grande spirito di adattamento. A dispetto di quel che si pensa, dormirebbe tutto il giorno, ha il divano nel Dna, corre quando è istigato. Non abbaia quasi mai, snobba gli altri cani. È quasi un gatto, è come avere un felino in casa". Dopo Maya, Elisa, assieme alla collega Chiara Ottolini, ha salvato altri cani da Roma e, quando il cinodromo è fallito, li hanno fatti adottare tutti. È nato così, grazie a loro, il Gaci, Greyhound Adopt Center Italy, il più grande gruppo europeo di adozioni di levrieri, che unisce alle loro nuove famiglie più di 350 animali all'anno.
Quelli di cui si occupa sono di due tipi: greyhound dall'Irlanda e galgos dalla Spagna. "È una delle razze più maltrattate al mondo, perché, per la sua conformazione fisica, si presta bene a essere usato per la caccia, la corsa e anche per la sperimentazione veterinaria", spiega Elisa. "In Irlanda il greyhoud, il levriero inglese, è un cane da corsa, le famiglie vanno allo stadio a vederli gareggiare. Ne allevano circa 30 mila all'anno, sono animali da reddito e quindi sono tenuti bene. Stanno tra di loro, non interagiscono con le persone se non al momento della corsa, tanto che quando arrivano in Italia sono "vergini" di tutto. Quando il cane si fa male o non rende più in termini di prestazioni fisiche, può essere legalmente soppresso per 20 euro. Non c'è possibilità di adozioni locali, perché non sono considerati cani di casa. Noi siamo in contatto con gli allevatori e l'ente corsa per adottarli: un fondo dà un contributo per sterilizzarli, chipparli, vaccinarli, e noi paghiamo metà del trasporto fino all'Italia".
In Spagna, invece, non va così bene. "Non c'è un'industria che li tutela. Mentre in Irlanda il greyhound è considerato un atleta e viene tenuto bene, in Spagna il galgo, che è un cane da caccia, viene allevato da chiunque, può essere abbandonato, maltrattato. Quando non va più, viene abbattuto, anche senza iniezione, spesso si trovano impiccati o bruciati". Anche se i levrieri arrivano da situazioni terribili, la filosofia è di non sottolineare i drammi che hanno vissuto. "Facciamo in modo che il loro passato venga annullato. Salvare un animale è sempre la cosa più bella, ma la gente non deve adottare solo sulla base dell'emotività, bisogna essere seri e non frettolosi, perché un cane accompagnarà per 13-14 anni", dice Elisa. Il giorno stesso del loro arrivo, entrano in famiglia. Gli adottanti vengono rigorosamente controllati, e, visto che "non è un supermercato, non accontentiamo i capricci", non si può scegliere quale cane adottare. Si compila un questionario nel quale si esprime una rosa di preferenze, di cui si tiene conto, ma il levriero viene assegnato soprattutto in modo che sia caratterialmente compatibile con tutti i membri della famiglia, con lo spazio che avrà a disposizione, con lo stile di vita che dovrà seguire.
"A me hanno dato Piru, che era nella mia rosa dei preferiti, il cane della mia vita", mi racconta Caterina. È un galgo, arrivato a settembre del 2013, seguito un anno dopo dalla "sorellina", Menta. "La vedevo in foto e pensavo: com'è bruttina, povera stella. Invece, è scesa dal camion ed era uno schianto. È spesso così: le foto dei galgo sono impietose, non è semplice fotografarli". Lei ha sempre avuto cani, ma la razza l'ha scoperta per caso. "Un giorno, in spiaggia, ho visto una coppia di ragazzi con cinque levrieri al guinzaglio, e sono rimasta stregata. Li ho fermati e riempiti di domande, e mi sono innamorata della causa". Caterina ha aspettato il "momento giusto", di avere una casa, un lavoro fisso, stabilità, prima di adottare. "I levrieri hanno un livello di empatia incredibile e in più un passato pesante: le due cose, insieme, formano una creatura da trattare con molta attenzione, ma soprattutto umiltà. Bisogna essere bravi osservatori e ascoltatori. Sono un mondo a parte, in cui ti lasciano entrare solo se si fidano di te. Rimarresti ore a guardarli mentre vagano circospetti con quello sguardo indecifrabile, ad annusare tutto. Non sanno camminare sul pavimento liscio, non hanno mai visto una casa. Molti rifiutano il cibo i primi giorni, altri dormono per giorni. Poi piano piano, un passo alla volta, iniziano ad adattarsi". Il suo Piru era uno dei tanti "signori nessuno", trovato denutrito e vagante, forse uno "stallone" da riproduzione. Menta, invece, è stata trovata a Badajoz, immobile a prendersi sassate da alcuni bambini del luogo. "Era in uno stato di depressione incredibile. Ora è con noi da due mesi ed è cambiata del tutto, anche se c'è ancora parecchia strada da fare. È arrivata che era un fantasmino, e ritorna fantasmino ogni volta che qualcosa non le piace. Si blocca e guarda nel vuoto, pianta le zampe per terra, va in un mondo tutto suo. Adesso sono convinta che mai nella vita mi mancherà un levriero rescue vicino, mai. È un'esperienza che cambia".
Manuela e il suo compagno, invece, hanno adottato due greyhound. Leo è arrivato a maggio del 2011: "Volevamo allargare la famiglia ma non volevamo acquistare, e io avevo avuto un piccolo levriero italiano quando vivevo con i miei genitori. All'inizio era molto impaurito, e non riuscivo nemmeno a farlo passeggiare: io sono 50 chili, bastava che sbattesse un'imposta e lui andava nel panico e mi trascinava via. Però poi è sbocciato, nel giro di qualche mese è cambiato. Ci ha dato tanto amore, e abbiamo deciso di adottarne un altro". Zoe è arrivata a febbraio del 2012. "Lei è completamente diversa, non ha paura di niente, è molto più socievole, si è subito adattata allo stile della famiglia. Leo aveva corso quattro anni in Irlanda, lei meno perché era poco adatta. All'inizio, Leo ha fatto finta che lei non ci fosse, invece Zoe era da subito la sua ombra, lo adorava. Adesso dormono uno sopra l'altro. Chi viene a casa mia rimane sconvolto, perché sono cani fisicamente ingombranti, ma non li senti. Basta che tu gli dia una cuccia, da mangiare e un po' di amore, e sono veramente buoni». Anche con Gabriele, il figlio che Manuela ha avuto quattordici mesi fa. "Leo è il cane più dolce del mondo, non è stato particolarmente scosso dal nuovo arrivo. Zoe, invece, i primi mesi non si avvicinava più a me. È sempre stata molto carina con lui, ma a me l'ha fatta pagare. Mi guardava, e poi andava a farsi fare le coccole dal mio compagno. Adesso le è passata, l'amicizia tra lei e Gabriele sta crescendo. Sarà perché lui, ogni tanto, le allunga i biscotti...».